Casa Museo Porru
Il Museo Etnografico e degli Antichi Mestieri ha sede nel quartiere di Toneri, in una tra le zone più antiche del centro storico di Tonara, in una dimora padronale risalente alla prima metà dell’Ottocento appartenuta alla famiglia Porru, ancora abitata fino a pochi anni fa e oggi di pertinenza del Comune. La data esatta di edificazione è ancora incerta, ma è noto che essa fosse già in impianto nel 1840, come mostrano le carte catastali del catasto piemontese del De Candia. Il complesso si articola in ben cinque unità edilizie, di cui due, comunicanti tramite un ballatoio esterno, fungevano da residenza vera e propria, mentre le altre erano utilizzate come fienile, stalla, cantina e locali di deposito e dispensa. Come è tipico di molte costruzioni dei paesi montani dell’Isola, il complesso abitativo ha una struttura su più livelli e una planimetria fortemente irregolare, che in questo caso segue la forma dell’isolato: per tale ragione, data la conformazione scoscesa del terreno, il piano inferiore della casa risulta totalmente interrato su una delle facciate, mentre il fienile, a sua volta di due piani, presenta un doppio accesso. Interamente realizzati in pietra di scisto, con malta a base di terra e paglia, i muri sono semplicemente intonacati e possono raggiungere il metro e mezzo di spessore (motivo per cui al loro interno sono ricavate numerose nicchie, rese più funzionali da mensole e talvolta chiuse con apposite ante).
Nella facciata della casa sono ancora presenti elementi architettonici legati all’uso antico, come gli architravi in legno di castagno e le travi incastonate fra le pietre della muratura per livellare i muri (dette ispranamuros); sempre in legno sono le cornici di apertura e soprattutto il caratteristico ballatoio esterno coperto (s’istauleddu ammantau) che collega le due cellule residenziali, site su fronti stradali opposti. Lo stesso materiale, altamente disponibile nel territorio, si ritrova anche nelle ripide e strette scale interne, nei solai e nella pavimentazione del primo e del secondo piano (che presenta invece terra battuta al piano terra e ciottolato nel piano interrato), e nel fienile (dove è stato utilizzato per la copertura, per la suddivisione in due ambienti tramite assi disposte verticalmente e per il solaio, con tavolato e botola: probabilmente in passato una scala a pioli permetteva il collegamento diretto con l’ambiente sottostante). Il tetto è privo di canali di gronda e sporge dai muri a protezione della facciata (in passato erano i balconi e gli ingressi a riversare l’acqua sulle strade, incanalandola con tegole concave dette teges). Pochi, nel complesso, gli elementi di finitura: le inferriate in metallo, dove presenti, sono molto semplici.
La Casa Museo Porru, che in passato, in una sua parte, venne utilizzata anche come prigione, riunisce in sé tutte le caratteristiche della dimora padronale e di quella tipica dei centri abitati di montagna. Nei diversi e numerosi ambienti in cui è articolata la sua planimetria – ben 44, spesso piccoli e addossati tra loro in gruppi fino a 8 unità per trattenere il calore interno – due volte l’anno (in occasione della manifestazione “Autunno in Barbagia” e in coincidenza con la giornata di Pasquetta) vengono nuovamente sistemati gli arredi e gli utensili di una volta: originali e frutto di donazioni, sono gli stessi che servivano per la vita quotidiana della famiglia (che si svolgeva prevalentemente nella cucina, sede del focolare) e per il compimento delle lavorazioni artigiane: dalla preparazione del pane, del formaggio e dei salumi alla cardatura, filatura e tessitura della lana; dalla cura degli animali domestici nella cantina al piano terra alla conservazione delle provviste (tra cui si segnalano le castagne, che venivano riposte in un’apposita buca scavata nel fondaco – la cosiddetta fossa de sa castagna – e poi ricoperte di felci e da una botola).
Testo a cura della dott.ssa Cecilia Mariani